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Il "conditoio" toscano: la solidarietà gastronomica di inizio secolo

  • Immagine del redattore: Luca Priori
    Luca Priori
  • 3 mag 2020
  • Tempo di lettura: 1 min

Aggiornamento: 4 mag 2020

Minestre e minestroni, di varia natura, dai vari ingredienti, accompagnavano sovente la ciclicità delle stagioni nei villaggi dei nostri territori interni. Gli ingredienti mutavano a seconda di ciò che si poteva reperire al momento: farina gialla, verdure e pane, principalmente. Le carni erano poco adoperate in proporzione agli altri elementi, sicché, per strutturare di sapore le cotture, era uso mettere nel pentolone un osso di prosciutto. Non era facile reperirlo, vista l'estrema povertà. Scattava così una sorta di "solidarietà gastronomica" che vedeva questo osso passare di casa in casa, di pentola in pentola. Il conditoio poteva così facilmente insaporire una minestra che risultava sciapa. Renato Fucini docet: narra, in questi termini, dei lavoratori maremmani che partivano dalle proprie abitazioni per andare a bonificare le paludi maremmane:


"...quelli di origine toscana si distinguevano facilmente dagli altri perché il capofamiglia portava a tracolla, legato con lo spago, un conditoio e teneva ben stretto nella mano destra un sacchettino di fagioli!".



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