1600. I pescatori nel Golfo di Biscaglia: il baccalà
- Luca Priori
- 25 mag 2020
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Il baccalà è il merluzzo nordico (Gadus morrhua), aperto, eviscerato e messo sotto sale per essere conservato. Facilmente reperibile in commercio, lo troviamo "a filettoni", cioè senza lische, oppure intero con le lische. L'origine etimologica è assai complessa e studiata; la parola "baccalà" deriva dallo spagnolo "bacalao" che a sua volta possiede marcate reminiscenze fiamminghe: "bakeljauw" significava letteralmente "bastone di pesce". Ci troviamo agli inizi del '600. I pescatori che partivano dalle coste del Golfo di Guascogna per dare la caccia principalmente alle balene, si accorsero che, per conservare agilmente il cetaceo durante le lunghe ed estenuanti giornate di pesca, era funzionale coprirlo con abbondante sale, che poteva così preservare la salubrità del prezioso pescato. La tecnica fu adoperata anche per il merluzzo. I norvegesi adottarono questa tecnica di conservazione solo successivamente, tanto che, nel tardo XVII secolo, divennero i principali esportatori di questo prodotto. Per inciso, la semplice essicazione, quindi lo "stoccafisso", precede di molto il sotto sale: la troviamo presente già agli inizi del 1400, mentre solamente due secoli dopo, nel 1650, avremo il primo riscontro scritto del termine "baccalà". Sul mercato sono a disposizione due qualità assai conosciute, il Gaspè ed il San Giovanni. L'ammollo del baccalà è assai lungo, necessita di circa 48 ore con frequente cambio dell'acqua, ogni otto ore circa. Una curiosità: alle volte il baccalà veniva utilizzato come una sorta di "barometro". Appeso con delle corde agli alberi delle navi, se i pescatori notavano un principio di scioglimento del sale, significava che il tasso di umidità stava aumentando, presagendo così l'arrivo di pericolose tempeste.

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